Può sembrare irrispettoso e insolente muovere in questo momento critiche che vadano al di là (-o meglio- dietro?) all’immediato problema virus. Ma del resto è proprio per rompere questa psicosi collettiva nell’ordine della responsabilità che come individui ci dissociamo e manteniamo la lucidità di ragionare, insieme con la coscienza di scegliere cosa e come agire. E’ essenziale e di urgenza fondamentale.
Per la neolingua (Orwell, 1984) del Potere¹ il termine responsabilità equivale senza fronzoli ad obbedienza. Nell’unico binario del consensuale, dell’autorizzato, porsi dubbi è un atto folle e sconsiderato, ribelle a tutti i costi. Nel sovrabbondanza delle informazioni, nella ridondanza 24 ore su 24 delle notizie bombardate dai media, tv, radio, giornali, social, ripetitori e gente che ne fa le veci sui posti di lavoro, è gara a chi meglio informato, gara a chi meglio obbedisce. Ma quando i discorsi passano sul piano dell’opinione pubblica, è purtroppo sempre vero che sono già stati decisi. Allo stesso modo per cui, ora che siamo tuttx chiusi in casa (sempre per chi ce l’ha), è futile decidere se è giusto o no che la scuola passi su un piano virtuale e che conseguenze possa avere questo allontanamento sulle relazioni sociali: è troppo tardi.
Del resto per la cultura scientista che regge la struttura tecnocratica² (governata dal potere tecnico) della civiltà globalizzata, la vita è una grandezza misurabile, come qualsiasi cosa esistente. Per il l’idea del sistema scientifico tutto è riducibile all’unità di ciò che la compone, e si identifica con essa, così come banalmente un arancia è vitamina C che lo spazio del telegiornale invita ad assumere in qualità di prevenzione e quindi accorrere a comprare (fuori stagione, dubiteremmo un tempo..): non importa la provenienza, non importa la connessione con l’ambiente nel quale un arancia può o meno maturare in ambiente naturale. Estraniata, così come la scienza fa nel laboratorio, che è il suo ambiente ad hoc. Asettico, sterilizzato, disconnesso. Prodotto di massa di un agricoltura manipolatrice. Fa niente se per crearla, questa arancia, si suppone necessario modificare il clima, modificare un terreno e impiantare sistemi artificiali. Per la scienza il clima tropicale è un valore di temperatura raggiungibile coi macchinari di una serra vetrata.
Per scienza e capitalismo tutto è quantificabile e mercificabile; i due sistemi si integrano nel pretendere di determinare e dominare ogni possibilità di esistenza. Ciò che ne è al di fuori semplicemente non è ammesso. Se camminare presso un sentiero in tuta e abbigliamento ginnico è “una sana passeggiata necessaria alla salute garantita dalla legge”, la cosa cambia se per esempio ho in mano un accetta e sto scegliendo una pianta per lo steccato che mi voglio costruire. L’azione non ha un fine e una durata determinabili dalle logiche del potere. Non è quantificabile, misurabile, vendibile. Non si traduce in numeri nè merce. Non è compresa in un sistema di lavoro. E che motivazione “comprovata” posso dare a questo scrivere? Quale atto può essere circoscritto ad un inizio e una fine prevista da una logica e un sistema che pretende di codificare tutto?
L’essenza stessa della vita per esso non è che l’atto di respirare, che coincide sempre più con il collaborare, sempre più cliccando e partecipando come la formica operaia nell’ordine sociale.
Asserragliati dalla paura, coloro che fondamentalmente non hanno vissuto si rifugiano in ambienti asettici, connessi ai loro dispositivi per restare sintonizzati su decreti e nuove direttive. Uscite limitatissime alle attività funzionali a questo sistema bio-distruttivo: consumare, lavorare per i padroni. Salute, sì, fatta di alienazione. Di fuori la paura del contagio, di ciò che potrebbe mettere fine alle proprie vite consumate nella sopportazione. Pronti ad affidare allo Stato il compito di dare anche ad altrx gli obblighi che essi si sono lasciati imporre. Chiedere la repressione come paga al tributo esistenziale.
E continuando ad osservare la reale entità di questo virus, che sembra comportarsi al pari di un’influenza, emerge una netta discrepanza tra i dati statistici della pericolosità, e i provvedimenti adottati dallo Stato. Se da un lato sembra che, a dispetto di quanto divulgato dai media, la pericolosità effettiva riguardi la fascia d’età avanzata e per giunta per chi è sintomatico/a, dall’altro i provvedimenti repressivi non tengono conto di alcuna differenza, se non quella classista e xenofoba che vige in stato normale. Infatti molti lavori che non hanno potuto esser modificati da forme di smart working sono semplicemente stati sottoposti a provvedimenti di sterilizzazione, igienizzazione e disinfettazione e non solo degli ambienti attraverso le sostanze biocide (che hanno ha che fare con la morte più che con la vita, come il concetto stesso di salute per la cultura scientifica), ma con essi delle relazioni umane, avvelenate dall’apatia e dall’aridità. Per contro, c’è la possibilità di pensare al di fuori dello “scientificamente consentito” e farsi un idea realistica sulla possibilità che questo virus sia un male connesso al degrado ambientale e vitale a cui è giunta la civiltà. Non a caso luoghi come la Cina e la Lombardia rappresentano siti con i livelli di inquinamento più alti, correlati alla densità della popolazione, minore presenza di piante, etc etc. (Dal latino la parola virus significa veleno, e sin dall’antichità certe credenze “non scientifiche” e più empiriche ne vedono un prodotto di scarto del metabolismo nelle condizioni normali di equilibrio. A sostengo, contro alla teoria del virus come “animaletto” assassino, la considerazione per cui il virus a differenza di un batterio è inanimato, acellulare per cui non vivente).
Eccoci da un giorno all’altro nella realtà distopica di gente che accetta senza domandarsi di passeggiare con la mascherina, far la spesa aspettando il proprio turno ad un metro di distanza dall’altro/a, esibire a richiesta di militari armati una tra le giustificazioni concesse per i propri spostamenti.
Eppure, salvo qualche pretesa nelle fabbriche e piagnistei sulle mascherine che il buon governo garantisce si impegnerà a recuperare, in fin dei conti l’idea di restarsene a casa a trastullarsi sul divano accompagnati da netflix non passa così tragicamente. I dispositivi tecnologici e le piattaforme web con i servizi di acquisto e distribuzione online si preoccuperanno di rifornire tutto il necessario, per lo meno nei contesti più urbani: <<pare fatto apposta!?>>
Che sia in atto una trasformazione dal mondo fisico a quello tecnologico, non era una novità. Quello che dicevo a proposito del discorso pubblico? Il trucco è guardare un po’ più in là. Capire le ragioni dietro ai processi e alle innovazioni. Nei paesi che anticipano il progresso tecnologico (Cina, la Svezia per l’Europa, etc.) le nuove ambientazioni contemplano già da tempo le forme che in questo momento ci accingiamo a dover accettare, con o senza l’opinione favorevole (Democrazia?).
Quello che sorprende è – senza cadere in complottismi – la necessità di dover accelerare il processo. La strutturazione del 5G, rete tecnologica di nuova evoluzione che permetterà l’interconnessione pressoché totale individuo-ambiente-sistema, con un potere distruttivo e radioattivo molto più forte del precedente, era già in atto da tempo nel silenzio generalizzato, e come sempre, appunto, quando se ne parlerà sarà troppo tardi. Così come in generale lo spostamento verso la vita online (amazon, carte di acquisto, interconnessioni varie, smartphone oramai praticamente “incorporati“).
Certamente l’emergenza (tenendoci il dubbio che, quanto meno sotto l’aspetto sanitario, di essa si tratti) pone il sistema in condizione di velocizzare ed aggiornarsi alle nuove condizioni vale a dire di: limitatezza dei contatti e dei rapporti interpersonali in generale, xenofobia e individualismo alienato³. Condizioni proprie per lo sviluppo del sistema tecnologico…
Domande terribili che si pongono all’orizzonte distopico ma pericolosamente imminente riguardano la possibilità di futuri obblighi di localizzazione, sparizione del denaro contante (potenzialmente contagioso..) e altri elementi categorici del controllo totale. Del resto è con gli stati di emergenza che in tutta la storia si sono visti inserire provvedimenti di limitazione della libertà che poi non hanno certo lasciato il posto una volta terminato lo stadio: ops, ci siamo abituati!
Se ogni considerazione pare affrettata, la direzione è ancora la stessa. Valgono i moniti di sempre. Pensare come individui. Rompere con la macchina. Non collaborare con il sistema. Scoprire nuovi sentieri e bluffare la paura! A presto!
[14.03.2020]
¹ per potere intendo l’interesse al di sopra degli individui. Che consiste tutt’oggi, in linea con le scelte permesse all’interno del consentito, nei fini congeniali al profitto (legato a grandi multinazionali, enti di ricerca, gruppi e lobbies) e al dominio tecnologico. Capitale (profitti economici e monopoli) e sviluppo tecnologico sono interdipendenti e funzionali l’un l’altro al loro rafforzamento.
² intendo la cultura che sottintende il potere. Ogni potere crea e a sua volta è sostenuto da una cultura che è un insieme di credenze, concezioni e idee le quali sono condivise dagli individui che ne fanno parte e ne subiscono per lo più inconsapevolmente le conseguenze. (Può essere utile leggere Focault)
³ in quanto è un individualizzazione che presuppone la totale delega al sistema delle proprie funzioni, possibilità, scelte, responsabilità.