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Cosa sono queste “Pertiche”?
Qualcuno dice “pietre”. Un altro “corde”, l’altro ancora “muri”. Una cosa certa è che la sensazione – forse il suono della parola, la pronuncia greve e il tono tagliente – ci rimanda a qualcosa di aspro, impervio, tortuoso. Scomodo. Forse un detto lombardo per identificare chi come noi si perde in un mondo vaneggiato e nel sogno del fantastico e dell’irreale, e getta lo sguardo in un prato al di là dei muri del mondo concreto. Forse l’unità di misura di una distanza troppo grande per chi ha seppellito la voglia di camminare. Eppure un ostacolo fisico, un ammonimento che rivela l’acredine della sconfitta e l’amaro della rinuncia.
Ma noi non abbiamo mai smesso di desiderare. Spinti dalla curiosità abbiamo scoperto il sentiero che conduce ad altri mondi.

Di lì, oltre il Campo delle Mille Pertiche, c’è il mondo che abbiamo il coraggio di desiderare.

 

Lo inseguiremo.

 

 

“Il caprone si inerpica sulle rocce grigie sotto il sole battente ed il cielo è azzurro sopra la montagna ripida e immobile. Il ruzzolio delle pietre che scoccano sotto gli zoccoli tesi, ad aggrappare gli speroni delle pietre più grosse e con forza protrarre il corpo, tirare con gli arti davanti spingere con quelli dietro. Ogni tanto scivolano e balzano pezzi di roccia, giù, verso valle. Il pelo è bianco e lucente, il muso duro e lo sguardo indomito, fiero. Il silenzio circonda la montagna, le rocce, il verde giù verso il fondo; un uccello vola distante.”