Fatti recenti hanno portato all’evidenza la consistenza autoritaria dei governi della civiltà tecno-industriale. Un’emergenza sanitaria decretata dai vertici della medicina ha infiammato le fonti dell’opinione pubblica, tv, giornali, social news, e in un baleno si è attivato uno stato di allerta e coprifuoco imposto – sempre da alt(r)i vertici – su tutto il territorio di alcune regioni. Il divieto ad uscire oltre un certo orario, frequentare luoghi di aggregazione e tenere manifestazioni e perfino messe, le direttive sui comportamenti preventivi da tenere sui luoghi di lavoro (che non hanno smesso di funzionare..) e nell’ordinaria amministrazione pubblica per evitare possibili contatti con questo nemico invisibile, sono state giustificate sulla base di notizie di pericolo tutto sommato non così rilevante, come hanno dimostrato i poi emersi dati effettivi sui contagi e sulle possibilità di morte, il fatto che in sostanza si tratta di un influenza al pari delle altre. Vale a dire che un caso di presunta eccezionalità/non-controllabilità di malattia da parte del sistema sanitario nazionale ha scaturito una serie di direttive che grazie alla diffusione mediatica hanno trovato immediata giustificazione e collaborazione da parte civile. Il che costituirebbe un preoccupante clima orwelliano se immaginassimo l’uscita di un vaccino da somministrarsi obbligatoriamente alla totalità della cittadinanza in nome della “salute” pubblica. Quanti sarebbero inclini a porsi seri dubbi a scapito della validità dei presupposti di quest’obbligo, nell’eventuale circostanza? Più probabilmente, troveremmo orde di cittadini irregimentati la cui unica lotta sarebbe quella di saperla più lunga a riguardo delle statistiche e delle informazioni scientifiche lette su facebook.
Ad infiammarsi anche, sempre in Lombardia, alcuni ettari di territorio boschivo compresi tra valli di provincia nelle prealpi. Prontamente canadair ed elicotteri si sono alternati per due o tre giorni rombando nei cieli per caricare e rovesciare quintali di acqua sul fuoco (che grande metodo..) nel tentativo di domare le fiamme. Secondo quanto riportato sui giornali “ad andare in fumo, non solo 200 ettari di territorio, ma anche centinaia di migliaia di euro necessari per sostenere la macchina dell’emergenza”. In entrambi i casi è l’emergenza a giustificare l’avvio di provvedimenti imminenti da parte degli apparati di governo che vanno dal muovere mezzi “militari” sui territori alla disposizione di ordinanze di divieto e limitazione della vita pubblica. Misure eccezionali garantite dalla partecipazione delle masse alla volontà dello stato, inteso come quello per cui si è sempre spacciato essere: la presunta totalità degli interessi di una popolazione che in maniera del tutto immaginaria gode imparzialmente degli stessi diritti e necessità, dall’operaio all’imprenditore, dal banchiere all’assicuratore, sulla base di una sorta di astrazione del cittadino al di fuori delle implicazioni e responsabilità degli impieghi e delle condizioni sociali.
Se nel caso di un incendio diventa difficile criticare le modalità di un intervento che si pone come unica soluzione immediata ad un pericolo in atto, laddove esiste la possibilità che l’incendio colpisca centri abitati o contribuisca alla distruzione di un pezzo naturale già compromesso dalla artificializzazione urbana, anche per quanto riguarda l’emergenza sanitaria le misure cautelari – i provvedimenti autoritari – diventano misure di tutela pubblica e compartecipazione nei confronti di una minaccia incalzante.
A muovere l’enorme apparecchio motorizzato sono necessari ingenti litri di cherosene che vengono estratti possiamo immaginare dove, in che modo e con quali spese (non parlo d spese economiche, ma semmai ecologiche: estrazione, processi chimici, trasporto, i cosiddetti smaltimenti vari, innumerevoli altri processi che costituiscono l’apparato che sta dietro al risultato ultimo di aereo in volo), per permettere di trasportare acqua da un luogo (lago) e riversarla, per un azione che si può capire quale efficacia abbia. Al di là delle necessità immediate di dover spegnere un incendio già in atto questo tipo di azione incarna il metodo estensivo di utilizzo delle risorse: ente stato che valuta e opera su un territorio distante, largo impiego di risorse per risultati di scarso rapporto di efficienza.
La macchina punterà comunque, evolvendosi, all’efficienza, ma non commettiamo l’errore di ritenere questo, insieme all’evidente incapacità preventiva, l’unica pecca di un sistema di organizzazione del territorio. Se non lo farà con gli aerei nel futuro distopico che va instaurandosi saranno sistemi di misurazione e valutazione interconnessa – droni, sensori, satelliti – a monitorare i livelli di sicurezza di ogni metro quadrato. Chiaramente il prezzo ecologico verrà pagato altrove, come sempre.
Per quanto riguarda il fenomeno virus, quello cui stiamo assistendo ha qualcosa di impressionante in quanto sembra essere una sperimentazione di gestione di massa secondo i modelli in atto nei paesi, in primis la stessa cina, economicamente e tecnologicamente egemoni e quindi proponitrici del modello imperante. Il controllo dei movimenti fisici della popolazione si integra a quelli dell’accesso alla rete ed è sostenuto dalla struttura tecnologica che sta prendendo la società. Non a caso proprio in questi giorni il governo ha incentivato l’avvio dello smart working (lavoro svolto al pc da casa propria) e per la scuola la lezioni “video” e-learning nel quale tutte le operazioni, dall’acquisizione delle informazioni ai test e la valutazione, insieme al controllo del tempo trascorso effettivamente al lavoro, vengono svolte davanti allo schermo. E’ in atto un processo di implementazione della rete tecnologica che prepara il campo alla struttura interconnessa della smart city a venire, la città del controllo totale.
[01.03.2020]